Collezioni
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Se oggi il territorio di produzione del Chianti DOCG comprende sei province della Toscana, il nucleo originario su cui si fonda la grande produzione di vini di qualità del Chianti è rappresentata da un limitato numero di comuni: Greve in Chianti, Castellina in Chianti, Radda in Chianti, Gaiole in Chianti e parzialmente i comuni di San Casciano Val di Pesa e Tavarnelle. A questa zona di produzione si riferisce la denominazione Chianti Classico DOCG.
La leggenda del Gallo Nero
Il gallo nero è da sempre emblema e marchio del Chianti Classico gallo nero, simbolo che rende le bottiglie fortemente riconoscibili ovunque.
Le origini di questo marchio risalgono al medioevo, quando il celebre gallo nero era il simbolo della Lega Militare del Chianti. Il territorio del Chianti, a confine tra le Repubbliche di Firenze e Siena, da sempre è stato conteso fra le due città, al punto che secondo la leggenda si decise di risolvere la disputa e assegnare i confini una volta per tutte in un modo piuttosto singolare.
Al canto del gallo sarebbero partiti un cavaliere da Firenze e uno da Siena e nel punto in cui si sarebbero incontrasti si sarebbe fissato il confine tra le due Repubbliche. I fiorentini avrebbero allora adottato un arguto stratagemma che avrebbe consentito al loro cavaliere di partire prima di quello senese: il gallo era stato tenuto al buio e senza cibo per alcuni giorni, per cui al momento di acquistare la libertà avrebbe cantato immediatamente, seppure ancora non fosse arrivata l'alba. Quello senese invece, com'è naturale, avrebbe cantato alle prime luci del giorno, dando il via al cavaliere con un notevole ritardo sul fiorentino.
Questo è il motivo per cui i confini del Chianti sarebbero entrati quasi interamente sotto il controllo della Repubblica di Firenze.
Disciplinare Chianti Classico DOCG
Nel Disciplinare della denominazione Chianti Classico D.O.C.G. come per quasi tutte le principali denominazioni dei rossi toscani, domina il Sangiovese, che in Toscana trova le sue massime espressioni sia nel Chianti DOCG che nel Brunello di Montalcino DOCG, nel Nobile di Montepulciano DOCG e in molte altre denominazioni toscane.
Il vitigno, che deve essere presente per almeno l'80% nell'uvaggio, si caratterizza per un colore rubino piuttosto scarico, al naso è dominato dal tipico sentore di violetta e in bocca è austero e deciso.
Nella denominazione Chianti Classico DCG sono inoltre ammessi numerosi altri vitigni complementari a bacca rossa ammessi per la Regione Toscana, anche se nella maggior parte dei casi gli uvaggi vengono fatti o con altri vitigni autoctoni come il Colorino, il Canaiolo, oppure con vitigni internazionali come il Merlot e il Cabernet sauvignon.
A differenza del Disciplinare del Chianti DOCG, quello del Chianti Classico DOCG non prevede la possibilità di aggiungere vitigni a bacca bianca.
La denominazione prevede tre tipologie di Chianti Classico DOCG:
Chianti Classico DOCG (minimo 11 mesi di affinamento)
Chianti Classico Riserva DOCG (minimo 24 mesi di affinamento, almeno 3 in bottiglia)
Chianti Classico Gran Selezione DOCG (minimo 30 mesi di affinamento)Abbinamenti Chianti Classico DOCG
Come per il Chianti DOCG, la cucina tradizionale toscana offre molte pietanze da poter abbinare con successo al Chianti Classico. Per i vini di annata si può fare un buon abbinamento con le zuppe della tradizione, le carni bianche e le carni grigliate. Con la Riserva ci si può spingere oltre, verso cotture prolungate come stracotti, brasati, arrosti, selvaggina e formaggi stagionati. Con la Gran Selezione, che solitamente si fa con le uve migliori e che fa un lungo affinamento, è consigliabile abbinare cibi altrettanto intensi in termini di sapore. Quindi valgono qui le stesse indicazioni per la Riserva ma alle cotture veloci sono da preferire quelle più lunghe ed elaborate come stracotti, brasati, selvaggina in umido.
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Il Vin Santo toscano, detto anche Vinsanto, è un vino passito la cui storia è tanto affascinante quanto antica. Si produce praticamente ovunque in Toscana (oltre che in Umbria), dalla grande azienda al piccolo vignaiolo che fa vino per autoconsumo. Da sempre è il degno finale dei pranzi in famiglia, dove spesso capita di veder comparire in tavola bottiglie di Vin Santo prodotte in annate diverse o da produttori diversi (parenti e amici), si innesca così un piacevole gioco a confrontare la migliore o quella che asseconda di più il gusto di ciascuno.
Storia del Vin Santo toscano
In Vin Santo fa parte della tradizione enologica Toscana da tempo immemore, ma le sue origini giungono da molto più lontano. Sembra infatti che l'appellativo "santo" derivi da un'affermazione del Metropolita greco Giovanni Bessarione, il quale, durante il Concilio di Firenze del 1431, avrebbe elogiato il vino esclamando "Questo è il vino di Xantos!", ovvero di Santorini, in Grecia. Si creò così la convinzione che il vino avesse proprietà fuori dall'ordinario. Venne così definito Vino santo.
Secondo un'altra versione l'appellativo santo deriverebbe dal fatto che le uve vengono lasciate appassire fino alla Settimana Santa.
Un'altra ancora vuole che il vino debba il suo nome al fatto che veniva utilizzato per la santa messa.
Vin Santo: come si fa
Parte del fascino di questo vino deriva anche dal particolare metodo con cui si produce. Il Vin Santo Toscano viene prodotto con due dei vitigni storicamente più diffusi in Toscana: Trebbiano e Malvasia. Le uve vengono raccolte e messe ad asciugare in Vinsantaia, un luogo asciutto e ventilato, al fine di scongiurare muffe e marcescenze. Qui vengono poste su dei "graticci" - stuoie fatte di canne sottili - oppure appese con dei ganci. Gli acini iniziano quindi a disidratarsi lentamente, aumentando il contenuto zuccherino del mosto che ne verrà estratto.
Il mosto viene quindi messo nei "caratelli", piccole botti di legno da circa 50 litri, sul cui fondo riposa la "madre", una poltiglia di lieviti che si tramanda in alcuni casi da innumerevoli anni e che è la responsabile dell'avvio della fermentazione, nonché del carattere peculiare della cantina.
Qui il Vin Santo riposa per almeno due anni, ma non sono rare le cantine che, per offrire un prodotto ancora più pregiato, lo imbottigliano anche dopo dieci anni.
Il fascino del Vin Santo sta anche nell'incertezza della produzione. Nel momento in cui si aprono i caratelli può capitare di trovarli infatti parzialmente o totalmente vuoti, a causa di una fermentazione troppo tumultuosa che può aver incrinato il caratello e fatto fuoriuscire il liquido, anche se c'è da dire che nelle cantine più grandi e attrezzate questo inconveniente è ormai scongiurato.
Tipologie di Vinsanto e denominazioni
Secco, dolce, con infinite sfumature tra un estremo e l'altro, ad assecondare il gusto di ognuno.
Oltre alle infinite produzioni casalinghe, vi è poi una più ristretta produzione di Vin Santo di qualità. Il Vin Santo di qualità viene tutelato da due denominazioni: il Vin Santo del Chianti DOC, e il Vin Santo del Chianti Classico DOC (o Vinsanto del Chianti Classico). Devono affinare entrambi in caratello per un minimo di 3 anni, 4 per la Riserva. Per entrambe le denominazioni esiste anche la versione di Vin Santo Occhio di pernice, prodotta con Sangiovese e altre uve ammesse.
Abbinamenti: Cantucci e Vin Santo, un must
"Cantucci e Vin Santo" è quasi un sostantivo unico, tanto è forte nella tradizione questo abbinamento. In ogni osteria toscana che si rispetti, tra i dessert di fine pasto non può mancare questo abbinamento di eccellenze gastronomiche toscane che, tra l'altro, condividono anche il fatto di vedere contesa la propria paternità fra molte città della regione. I cantucci, biscotti secchi la cui città natale sembra essere Prato, ma anche su questo, come detto, non tutti sono d'accordo, si trovano in molte versioni: con le nocciole, con i pezzetti di cioccolata... la versione classica, e anche quella che meglio si abbina al Vin Santo toscano, tuttavia è quella alle mandorle.
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Lo Chardonnay è un vitigno a bacca bianca originario della Borgogna ma oggi coltivato in tutto il mondo, sia per la produzione di vini bianchi fermi che, soprattutto per quella di spumanti metodo classico. Deve la sua diffusione sia alla sua capacità di adattarsi bene ad ogni terroir, sia alla vigoria che consente produzioni abbondanti.
Annoverato tra i cosiddetti "vitigni internazionali", appunto per la sua diffusione globale, è famoso per i grandi bianchi fermi di Borgogna ma soprattutto per essere uno dei grandi vitigni con cui si producono gli spumanti metodo classico, primo fra tutti lo Champagne.
Storia
Le origini del vitigno Chardonnay, il cui nome deriva dall'omonimo paese nel Mâconnais (sud della Borgogna), sono come spesso accade per molti vitigni incerte. Una tradizione lo vuole come vitigno di origine mediorientale, un'altra lo vede invece originario della regione balcanica. Ad ogni modo le informazioni storiche più certe lo attestano fin dal Medioevo in Borgogna, dove passando per la cura dei monaci cistercensi dell'Abbazia di Pontigny, è arrivato fino a noi diffondendosi pressoché ovunque nel mondo.
Caratteristiche del vitigno Chardonnay
Oltre che per l’alto livello di produzione, lo Chardonnay è un vitigno apprezzato per l’elevata acidità, caratteristica per la quale viene utilizzato per produrre soprattutto spumanti da metodo classico. Lo Chardonnay possiede inoltre una buona gradazione alcolica, che accompagnata all’acidità spinta, lo rendono adatto a lunghi affinamenti anche in barrique, dove la struttura già non esile viene ulteriormente ampliata.
Il colore tipico dello Chardonnay è un giallo paglierino, che guadagna intensità sia con l’affinamento che nelle espressioni più “calde” che si producono nel sud Italia. Al naso spiccano delicate note di frutta gialla tropicale, ananas in primis. In bocca è elegante ed equilibrato.
Vini da Chardonnay
Lo Chardonnay è il vitigno con cui si producono nel sud della Borgogna i più grandi vini bianchi fermi del mondo, ma deve forse ancora di più la sua fama alla produzione di Champagne, di cui è uno dei vitigni ammessi assieme al Pinot noir, al Pinot Meunier - entrambi a bacca rossa - e altri vitigni minori.
Anche in Italia la produzione è molto diffusa dal nord al sud, con produzioni che raggiungono anche ottimi livelli di qualità. In Italia i bianchi fermi da Chardonnay si producono soprattutto al nord, in Toscana, in Umbria e in Sicilia.
Negli spumanti da metodo classico si trova l’altra grande espressione di questo straordinario vitigno. Quando si dice Champagne non si può non pensare ai grandi Cru della Côte des Blancs, dove lo Chardonnay sviluppa la sua grande acidità arricchendosi di note minerali in un suolo a prevalenza gessoso.
Ma anche in Italia grandi spumanti metodo classico da Chardonnay non mancano. Le zone più vocate sono indubbiamente quelle che ricadono sotto le denominazioni di Franciacorta DOCG, Trento DOC e Oltrepò Pavese Metodo Classico DOCG, dove il vitigno viene, assemblato con Pinot nero e Pinot bianco.
Anche in Toscana tuttavia, come in altre regioni italiane, da qualche anno si contano produzioni di ottimo livello da Chardonnay, sia nella versione fermo che in quella spumante metodo classico.
Abbinamenti Chardonnay e cibo
Per quanto riguarda gli abbinamenti ideali con lo Chardonnay, si può dire intanto che la spiccata acidità che lo contraddistingue lo rende perfetto per accompagnare pietanze con una buona componente grassa. È ottimo con formaggi poco stagionati, molluschi, pesci grassi e saporiti come il salmone.
Questo vale indubbiamente per i vini più giovani e semplici, ma se si ha fra le mani un vino che ha fatto affinamento in legno, alla maggiore struttura e intensità olfattiva e gustativa vanno accompagnati piatti più importanti come lasagne e risotti con funghi e verdure, carni bianche e pesce al forno.
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Vitigno tra i più diffusi in Italia (viene coltivato in Toscana, Romagna e Campania), il Sangiovese è indubbiamente il re dei vitigni toscani. È da questo vitigno che si producono gran parte dei più importanti vini toscani e alcuni dei più prestigiosi vini italiani: Chianti Classico DOCG, Chianti DOCG, Brunello di Montalcino DOCG, Carmignano DOCG, Montecucco Sangiovese DOCG, Morellino di Scansano DOCG, Suvereto DOCG, Vino Nobile di Montepulciano DOCG.
Storia
Sembra che già gli Etruschi 2000 anni fa lo coltivassero, ma la prima testimonianza scritta che abbiamo del vitigno risale al 1590, quando il Soderini, nel suo "Trattato della coltivazione delle viti e del frutto che se ne può cavare", ne parlava in questi termini: "Il Sangiocheto o Sangioveto è un vitigno rimarchevole per la sua produttività regolare”.
Storicamente produzioni di qualità si annoverano anche nel versante appenninico della Romagna, a testimonianza di un vitigno versatile ma al tempo stesso mutevole nelle espressioni territoriali.
Caratteristiche del vitigno Sangiovese
A guardare dalle numerose varianti che solo in Toscana si possono contare, più che di vitigno Sangiovese si potrebbe quasi parlare di vitigni Sangiovese. nella regione si possono individuare due grandi famiglie, quella del Sangiovese Grosso, conosciuto storicamente come Brunello a Montalcino e Prugnolo Gentile a Montepulciano e il Sangiovese Piccolo, molto più diffuso nel resto della Toscana.
Le espressioni del vitigno variano da zona a zona, in corrispondenza di suoli e altimetrie diverse, tuttavia alcune caratteristiche generali del vitigno possono essere ricondotte alla elevata acidità e una buona presenza di tannini, il colore piuttosto scarico e il tipico sentore di violetta al naso.
Di non facile allevamento il Sangiovese richiede una lunga maturazione in grado rendere più gentili i tannini.
Dato il carattere austero, il Sangiovese si presta anche a lunghi affinamenti, che tradizionalmente nel Chianti avvengono in botti grandi. Può essere tuttavia affinato in barrique, laddove si vogliano ottenere espressioni più potenti del vitigno.
Abbinamenti Sangiovese
Gli abbinamenti ideali con il Sangiovese dipendono chiaramente da quale fra le molte espressioni che si possono trovare andiamo ad abbinare coi nostri piatti.
Basandoci sulla sempre valida regola di abbinare i vini ai piatti regionali, si possono tuttavia dare alcune indicazioni generali.
Per i vini più giovani il Sangiovese si abbina bene con zuppe, minestre (una su tutte la celebre ribollita), carni bianche, carni grigliate o alla brace (come la celebre bistecca alla fiorentina), formaggi poco stagionati e perché no, con preparazioni di pesce a base di pomodoro (uno su tutti il cacciucco alla livornese).
Per vini con un medio e lungo affinamento come le Riserve e le Gran Selezione, oltre alle carni grigliate ci si può spingere anche facilmente agli stracotti, agli arrosti e i brasati, nonché verso i tanti e notevoli piatti di selvaggina che la cucina tradizionale toscana offre.
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La Malvasia del Chianti, o Malvasia Toscana, è un vitigno aromatico a bacca bianca molto diffuso in Toscana, dove si è sempre usata assieme al Sangiovese e altri vitigni autoctoni a bacca rossa, nella "ricetta" del Chianti e assieme al Trebbiano per produrre il Vin Santo. Da un punto di vista agronomico la Malvasia del Chianti corrisponde alla Malvasia Bianca Lunga, una delle varianti più interessanti del vitigno, che alla non troppo marcata aromaticità unisce una buona freschezza in grado di facilitarne sicuramente la beva.
Storia e origine
La Malvasia è un vitigno che conta un'incredibile quantità di varianti regionali: Malvasia istriana, Malvasia Toscana (o Malvasia Lunga), Malvasia del Lazio (detta Malvasia Puntinata), Malvasia Bianca di Candia, Malvasia aromatica... solo per dirne alcune delle 17 varianti che si possono contare. A complicare il quadro poi c'è da dire che spesso i nomi regionali si sovrappongono a quelli del vitigno (come nel caso di Malvasia del Chianti per l’appunto). La famiglia delle malvasie poi, oltre che di vitigni a bacca bianca (la quasi totalità), ne conta anche alcuni a bacca rossa, la cui produzione tuttavia è ristretta ad alcune zone limitate. Il vitigno proviene dalla zona dell'Istria e in generale dall'Italia Nord Est, tuttavia sembra che la sua origine più remota vada ricercata nelle isole del Mediterraneo, tra Malta (sembra che il nome derivi proprio da quello dell'isola) e la Grecia. Da qui si sarebbe diffusa in Sicilia - Malvasia delle Lipari - con le conquiste greche, e a Venezia tramite le fitte reti commerciali che la Serenissima aveva sviluppato in Oriente.
Vini da Malvasia
Già nel Medioevo la Malvasia era apprezzata per i vini passiti dolci e aromatici che si producevano a Malta e nelle isole greche con questo vitigno. Nel corso del tempo la produzione si è estesa alle più disparate tipologie di produzione, tanto che oggi la Malvasia è in assoluto uno dei vitigni più versatili, col quale si producono vini di quasi ogni tipologia: fermi secchi, frizzanti, passiti. In Toscana si utilizza per produrre vini bianchi fermi secchi da bere giovani per gustarne al meglio la delicata aromaticità e la freschezza. Come vuole la tradizionale "ricetta" del Chianti di Bettino Ricasoli, la Malvasia può essere inoltre utilizzata in misura di massimo il 10% per la produzione di Chianti D.O.C.G., mentre per il Chianti Classico D.O.C.G. non è ammessa. La Malvasia del Chianti viene infine utilizzata, come si è detto, per la produzione del Vin Santo, dove assieme al Trebbiano, l'altro vitigno a bacca bianca coltivato da sempre in Toscana, partecipa per la creazione di questo straordinario vino passito.
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Storia e origine
La storia del Cabernet Sauvignon, come si intuisce dal nome, ci parla di un incrocio spontaneo avvenuto nel suo territorio di origine, la Gironda (la zona dei grandi Bordeaux), tra il Cabernet Franc e il Sauvignon Blanc. Solo una recente analisi del DNA ha permesso di certificare questo incrocio, che in realtà si pensa sia avvenuto intorno al diciassettesimo secolo.
Caratteristiche del vitigno
Il Cabernet Sauvignon è un vitigno che ha avuto una grande fortuna nell’area di Bordeaux - e poi nel mondo – grazie ad alcune sue importanti caratteristiche. A livello agronomico è un vitigno piuttosto facile da allevare; soffre l’eccessiva umidità – motivo per cui preferisce suoli drenanti – ma grazie anche alla spessa buccia si rivela molto resistente. I grappoli sono piccoli, di colore rosso tendente al blu, simile al mirtillo.
Vini da Cabernet Sauvignon
Anche dal punto di vista enologico il Cabernet Sauvignon possiede caratteristiche molto interessanti che lo rendono adatto a produrre sia vini giovani ma anche vini da lungo invecchiamento.
La spiccata acidità, unita a una generosa presenza di tannini e di polifenoli, fanno sì che da questo vitigno nascano vini di grande struttura e longevità. I tannini, che nei vini giovani sono marcati e con note vegetali pungenti, evolvono in trame sottili ed eleganti quando il vino affina in legno, regalando vini di grande potenza destinati a dare il meglio di sé nel tempo.Abbinamenti con il cibo
Gli abbinamenti migliori del Cabernet Sauvignon con il cibo, con un occhio di riguardo verso la grande tradizione culinaria toscana, si trovano in piatti dalla forte intensità gustativa. Con un vino importante come il Cabernet Sauvignon, specie quando affinato in barriques, altrettanto importante deve essere la portata. Arrosti di carne quindi, soprattutto di selvaggina (impossibile non pensare al cinghiale in umido, emblema della cucina Toscana e del Centro Italia). Ma anche formaggio semistagionati e stagionati.